In Italia l’emergenza derivata dal Coronavirus ha rivoluzionato, oltre allo stile di vita, anche il modo di lavorare. In queste settimane i datori di lavoro vedendosi costretti a rinunciare alla presenza fisica dei dipendenti, messi in quarantena per evitare ulteriori contagi, stanno scoprendo le potenzialità dello smart working.
Cos’è lo smart working?
Conosciuto anche come “lavoro agile”, lo smart working viene definito dal Ministero del Lavoro “una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali”.
Un’opportunità per i lavoratori di gestire al meglio il proprio tempo concentrandosi sull’attività produttiva, evitando lo stress del tragitto casa-lavoro, scegliendo il luogo e gli strumenti di lavoro più idonei e organizzando la vita di tutti giorni.
I dati dello smart working
Nonostante questo periodo di quarantena ha acceso i riflettori sullo smart working, il nostro paese è ancora molto indietro rispetto al resto d’Europa. I dati di Eurostat ci dicono che solo il 2% dei lavoratori italiani, pari a 354 mila persone, sono impiegati nel lavoro agile.
Secondo le stime, potrebbero essere oltre 8 milioni e 359 mila i dipendenti potenzialmente occupabili in smart working. Siamo molto distanti, infatti, dal Regno Unito con il 20,2%, dalla Francia con il 16,6% e dalla Germania con l’8.6%. Anche se a sfruttare al massimo la soluzione smart working, senza dubbio, sono i paesi del Nord Europa.
Chissà se da questo periodo buio possano aprirsi nuove frontiere in ambito lavorativo.